Una scommessa necessaria
“Le aziende che guardano al futuro non sono obbligate ad attendere le normative nazionali per fare quel che è giusto”.
Riproponiamo qui l'analisi sulla sostenibilità aziendale di Kofi Annan, 7° Segretario Generale delle Nazioni Unite e Presidente della Kofi Annan Foundation, rilasciata alla rivista Impact, pubblicazione che celebrava i 15 anni del Global Compact.
Quando Kofi Annan invitò la società civile e il settore privato a collaborare con le Nazioni Unite per ideare e implementare soluzioni alle grandi sfide mondiali, la sua mossa finì per alimentare le polemiche. L'ex-Segretario Generale sostiene oggi che l'azzardo sia valso la pena e che oggi le aziende sono più che mai in condizione di promuovere la sostenibilità.Alla fine degli anni '90, tra settore privato e ONU non correvano ottimi rapporti. L'Organizzazione (e molti governi) tendevano infatti a ritenere che le grandi multinazionali non facessero abbastanza per assicurare che i vantaggi della globalizzazione fossero ripartiti in ugual misura, o almeno equamente, mentre molta parte del settore privato riteneva che l'ONU fosse semplicemente uno spreco di spazi immobiliari di pregio in piena Manhattan.
Ma al 38° piano del Palazzo di vetro stavano prendendo forma nuove idee e nuove strategie. Il Segretario Generale, infatti, andava maturando un piano: se l'ONU doveva realizzare il proprio mandato e rispondere alle aspirazioni dei cittadini del mondo, avrebbe dovuto estendere la propria rete di partner e creare una base più ampia in vista dello sviluppo mondiale. Occorreva portare al tavolo le organizzazioni della società civile, così come il settore privato.
“Se si mirava all'impatto che secondo me avremmo dovuto avere - e non potevamo contare solo sui governi per i fondi necessari – si doveva potenziare la nostra capacità sviluppando la rete delle relazioni”, ha chiarito Annan. Fu su sua richiesta che l'ONU strinse relazioni con le aziende non solo attraverso le sue abituali agenzie, ma anche attraverso lo UN Global Compact, creato come organizzazione indipendente con il sostegno dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
L'idea era controversa. E non era solo il sistema delle Nazioni Unite a guardare al mondo imprenditoriale con sospetto. Si trattava di un periodo agitato da dimostrazioni contro la globalizzazione in molte parti del mondo; per numerose organizzazioni della società civile, e anche per alcuni governi, il potere delle multinazionali era una forza dilagante e incontrollata che tendeva alla divisione sociale e al degrado ambientale.
L'idea di coinvolgere le grandi aziende su temi quali i diritti umani, la tutela ambientale e i diritti dei lavoratori non era stata "subito apprezzata da tutti gli ambasciatori" alle Nazioni Unite. Nondimeno, era fra gli intenti del Segretario: "Era un rischio, ma ero convinto che fosse la cosa giusta. Le aziende hanno un contributo da portare, perché spesso dispongono delle competenze manageriali, della tecnologia e delle risorse che fanno la differenza. Sentivo che dovevamo provarci”, ricorda.
Nel giugno 2000, il Global Compact fu varato alla sede dell'ONU, con meno di 50 aziende firmatarie. 15 anni dopo, l'iniziativa può vantare l'adesione di oltre 8.000 imprese e 4.000 organizzazioni del mondo del lavoro e della società civile. I partecipanti hanno costituito più di 80 Network locali, mentre sono state lanciate una serie di iniziative rivelatesi utili a rafforzare l'agenda della sostenibilità, come i Principi per l'Investimento Responsabile e Caring for Climate. "Forse il mutamento più significativo di quel periodo, è stato vedere come le aziende iniziassero a essere accettate come parti interessate in grado di contribuire a risolvere le sfide mondiali", continua Annan.
E puntualizza: "Oggigiorno, i governi sono aperti all'idea di non poter fare tutto da soli. Questa presa di coscienza ha consolidato lo sviluppo di partnership pubblico-private, perché, credo, i popoli e gli Stati si sono resi conto di quanto sia indispensabile che tutti gli stakeholder facciano la loro parte. Se prendiamo una problematica fondamentale come il cambiamento climatico, va da sé che, alla fine, la vera differenza dipenderà in larga misura dalla direzione in cui le grandi multinazionali orienteranno i finanziamenti per la ricerca, dalle innovazioni su cui si impegneranno e da quanto contribuiranno a rendere più verde l'economia".
Non è stato sempre facile, però; in alcuni casi si sono resi necessari sforzi concertati per convincere le aziende a partecipare al Compact. È andata così con molte delle grandi case farmaceutiche, che avevano sempre opposto resistenza all'abbassamento del prezzo delle terapie anti-retrovirali per l'HIV e l'AIDS.
"Abbiamo negoziato lungamente, ma poi hanno trovato il modo per far scendere i prezzi. Oggi molte più persone si curano con questi farmaci, un risultato che non avremmo mai potuto ottenere altrimenti. Quindi, in fin dei conti, anche loro hanno fatto la differenza", racconta ancora Annan.
L'ex-Segretario Generale vede un ruolo crescente per il mondo delle imprese nella tensione verso un mondo più equo e pacifico. "È un'evoluzione continua", spiega e, in certi casi (e il miglior esempio è forse il cambiamento climatico), le aziende sono davvero la forza propulsiva di un cambiamento in positivo. "Mi auguro che i governi firmino un accordo vincolante entro la fine dell'anno, anche se gli Stati dipenderanno comunque molto dalla capacità di fare delle aziende. Le decisioni dei governi dovranno poi fare assegnamento sull'operatività delle realtà imprenditoriali. Penso, anzi, che le aziende che guardano al futuro non siano obbligate ad attendere i governi per fare quel che è giusto".
E ora? Relazioni internazionali a tutti i livelli.
Diffidente verso la regionalizzazione, Kofi Annan intravvede un ruolo sempre più importante per le imprese, ma anche per i singoli, nel modulare le relazioni internazionali.
“A mio giudizio, viviamo in un mondo in cui le relazioni internazionali non riguardano solo i rapporti tra i governi, ma sono in egual misura determinate dalle persone e dalle aziende che viaggiano in tutto il mondo. È questo che fa crescere la comprensione reciproca". Kofi Annan vede tuttavia anche segnali preoccupanti di protezionismo e di ripiegamento in macroaree e singoli paesi. “Spesso, gli accordi commerciali regionali finiscono per indebolire il sistema mondiale, Dobbiamo essere consci che, nel lungo periodo, nessuno potrà prosperare a spese di altri".
Clicca qui per visualizzare l'articolo originale, in lingua inglese, sul sito UN Global Compact.